domenica 25 ottobre 2009

ITALIANS DO IT BETTER

Pubblicato da Micha Soul alle domenica, ottobre 25, 2009 1 commenti

Succede che spesso, dopo la centesima lamentela rivolta alla società italiana, le persone che mi subiscono in questa fase si chiedono perché diamine non lascio questo paese. Anzi, quando dico loro che ho vissuto in Belgio, in Spagna e in Irlanda mi chiedono cosa ci sia in Italia, oltre a mio marito (e vi par poco?), che mi trattenga così tanto.

Effettivamente cinque anni fa, quando atterrai a Bologna non pensavo che avrei resistito in Italia per più di un anno. E durante questi cinque anni svariate sono state le volte in cui ho espresso a mio marito l'esigenza di andarmene. Pur dandogli tutte le mie motivazioni più che plausibili, lui è sempre riuscito a farmi cambiare idea. Certo, LUI è sicuramente il miglior avvocato del diavolo che esista, ma non posso negare che tutti gli elementi per cui invece LUI non lascerebbe il Bel Paese sono più che convincenti.

E quindi oltre al suo attaccamento alla terra madre e per inciso alla città natale (e qui dovrebbe scattare il brano di Guccini - Bologna è una vecchia signora...), le altre motivazioni sono entrate a far parte delle mie abitudini e mi sembra incredibile ammetterlo ma non penso di potermene più disfare.

Prima di tutto, la bellezza dell'Italia. Inutile anche solo parlarne. In questi anni ho girato molto per via della musica e sono sempre più convinta che non esista paese più bello al mondo. Qualche tempo fa fecero vedere in televisione una pubblicità destinata all'estero e mirata ad attirare il turismo, che sfoggiava tutta quanta la bellezza architettonica, culturale, paesagistica, storica del nostro paese e sì lo ammetto, ho avuto la pelle d'oca e mi sono detta FIERA di essere Italiana.

Secondo elemento: la gente. Per quanto male si possa parlare degli Italiani, io qui mi sento a casa. Non so se sia una questione di regione (pare che gli Emiliani siano tra le persone più disponibili ed aperte dell'Italia centro-nord), ma dopo aver vissuto 18 anni a contatto con un popolo glaciale ed ostile nei confronti degli outsiders, mi rendo conto che non potrei più fare a meno del calore italiano, del "volemose bene" nostrano, del "buongiorno" scambiato con la vecchietta del palazzo accanto, del bar di Luca e delle sue battute sulle mie occhiaie la mattina prima di andare al lavoro.

Terzo, il clima. Non dico che sia la perfezione. Forse la Spagna mi si addice di più in questo frangente. Tutto sommato però, confrontandolo con città quali Bruxelles o Dublino, non posso lamentarmi. Qui esiste l'inverno come nel resto d'Europa, ma riusciamo a vedere il cielo blu anche quando fa freddo. Per la sottoscritta, ciò rappresenta un elemento fondamentale. Non posso non vedere il sole per più di una settimana senza sentirmi depressa. Ragion per cui non potrei scegliere di trasferirmi ad esempio a Berlino, dove avrei più opportunità lavorative nonché la fortuna vi vivere in un paese propriamente amministrato dal punto di vista sociale e politico, ma vivere col grigiume di un cielo opprimente e basso, NO. Mi ucciderebbe.

Quarto ed ultimo punto, ma non per ordine di importanza, il cibo.
Il cibo è una delle ragioni più incisive per cui non riuscirei più a VIVERE in altri paesi.
Qualsiasi piccola località decidiamo di visitare, in qualsiasi posto ci portino i concerti, è un piacere assoluto per il mio palato. Dalle pappardelle al cinghiale mangiate nell'anonima osteria gestita da una signora tedesca sulle montagne tosco-emiliane, alle tagliatelle ai funghi porcini divorati a Forlì, le melanzane alla parmigiana della nonna di mio marito, il risotto di sua madre, la cucina pugliese di mio padre fatta di pesce, orecchiette, panzerotti, il caciucco della mia nonnina, il suo passato di verdura che riuscirebbe ad amarlo anche un bambino capriccioso poco incline alla cucina "verde".
NO, non potrei fare a meno della cucina Italiana, della certezza che ovunque io decida di andare, in qualsiasi ristorante sia invitata a cenare, non uscirò quasi mai delusa. Anzi, avrò goduto di un lusso ancora affrontabile per gente come noi, che pochi fuori da questo paese hanno la fortuna di avere. Perché qui esistono le osterie che con 6 euro a persona hai lo stomaco al settimo cielo ed il tuo palato ha goduto più di tuo marito durante un tuo spogliarello da "brava" segretaria.

Senza parlare dei supermercati, dei mercati ortofrutticoli, della carne e del pesce fresco. Delle grigliate di pesce a Cefalù con la mia amica Emma o della scorpacciata di frutti di mare a Cesenatico.

E se come stasera, mi capita di avere il frigo completamente vuoto, non ci vediamo costretti a ripiegare sul mac donalds, ma sulla croccantissima pizza da asporto.

Ricordatemelo la prossima volta che verrò assalita dalla voglia di scappare dall'Italia delle vallette, delle raccomandazioni, della giustizia corrotta, del politico mafioso, di Mara De Filippi e dei suoi programmi diseducativi, della sofferenza in TV come intrattenimento, dell'omicidio in carcere da parte di pubblici ufficiali, della malasanità e di tutto ciò che rende questo paese un inferno paradisiaco. 

venerdì 23 ottobre 2009

Apologies

Pubblicato da Micha Soul alle venerdì, ottobre 23, 2009 0 commenti
Mi spiace davvero....dovrei fare più attenzione quando scrivo questi mie post riversati dal mio subcoscio in momenti di delirio. Troppo spesso lascio strafalcioni grammaticali e storpiature lessicali. Era tutto perfetto nel mio post precedente, una serie di scatti puliti, una cornice di frasi semplici ma mirate. E solo dopo un giorno mi accorgo di aver sbagliato il titolo e di aver tirato fuori il lato filogermanico che è in me (maddeché). E così l'ho voluto lasciare apposta quell'articolo sbagliato. Anche perché diciamocelo, fa un pò ridere! Un foto è per sempre! ahahahah

OK, detto ciò, per farmi perdonare, sto per accontentare molti di voi che durante la pubblicità dell'Enel, sebbene infastiditi dall'azienda pubblicizzata in sé, vi chiedete di chi sia quella voce che riesce ad accarezzarvi l'anima. Io non ho resistito e da due giorni ho questo deliziosissimo brano nel mio stereo....

Decido quindi di dedicarvelo....e che vi possa coccolare come una buona tazza fumante di cioccolata calda densa e dolce....






(Far Far di Yael Naim, 2007)

giovedì 22 ottobre 2009

Un foto è per sempre

Pubblicato da Micha Soul alle giovedì, ottobre 22, 2009 1 commenti


amo fotografare ed immortalare un istante unico e irripetibile


emozioni solitarie e preziose


emozioni preziose



amo farmi immortalare in un istante unico e irripetibile , un'emozione solitaria e preziosa






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le prime tre foto sono state scattate dalla sottoscritta al Central Park (Manhattan) in marzo 2008

l'ultima foto è un ritaglio di una foto scattata da Fabiana Appicciafuoco, photographer

martedì 20 ottobre 2009

Giudice di me stessa

Pubblicato da Micha Soul alle martedì, ottobre 20, 2009 0 commenti

Quanto vivremmo meglio se fossimo capaci di non farci colpire dai giudizi altrui? Se fossimo davvero in grado di farci attraversare da pareri negativi o da falsi preconcetti senza soffirne minimamente. Saremmo davvero uomini felici.

Invece, volente o nolente, il giudizio altrui ci colpisce, a volte molto, a volte quel minimo che basta ad infastidire il tuo ego.

Mi rendo conto che spesso dopo aver pubblicato un post, penso all’immagine di me che viene proiettata dalle parole appena scritte. Cerco di mettermi nella testa del lettore ed è lì che vengono fuori solo le possibili venature negative emanate dai miei racconti.

In uno dei post precedenti ad esempio mi rendo conto di aver dato l’impressione di essere una di quelle donne che vogliono un figlio per riempire un vuoto, per puro egoismo, per avere un giocattolino in più con cui giocare.

In realtà non è affatto così, desidero un figlio per portare avanti le mie ideologie e quelle del mio uomo e per vedere materializzarsi le nostre personalità in un esserino in carne ed ossa, ma il lettore mi conosce solo attaverso le mie parole e mi rendo conto aimé che ciò irrita la mia autostima. E così ci sono notti in cui mi giro e mi rigiro nel letto pensando ad un post da scrivere per rivalutare la mia immagine, in quel momento vengono fuori pensieri filosofici stupefacenti, riesco ad esprimere ragionamenti sull’essere umano che in genere mi riesce difficile concretizzare a parole. La mattina dopo non ho che un vago ricordo della nottata insonne ma non è rimasto nulla di quel poco di intelligente che le mie sinapsi erano riuscite ad elaborare.

Questo rispecchia un po’ ciò che succede nel mio tram-tram quotidiano. Sono consapevole del mio valore ma ho l’impressione che la gente intorno a me, al lavoro in special modo, non possa o non voglia vederlo.

Più volte arrivo alla conclusione che in realtà io non sia una persona speciale, che io sia tutto sommato stupida senza sapere di esserlo e che una stupida che non sa di essere stupida è davvero molto stupida.

La domanda che sorge spontanea è: come possiamo esser sicuri di conoscere le nostre qualità se non siamo in grado di esprimerle? O meglio ancora, com’è possibile che pur esprimendole siano pochi a notarle? 

Il giudizio che gli altri hanno di te è un fardello pesante, e a volte capisco perché continuo a voler rimanere nel buio, con la mia musica, con la mia scrittura, con il mio bel corpo, non per timidezza, non per ideologia, ma per paura.

Eppure ho un uomo, degli amici, una famiglia pronta a farmi sentire la persona più in gamba del mondo e a sottolineare ad ogni occasione quanto io sia speciale.

Ma il loro supporto non basta mai, anzi, a volte mi rendo conto di quanta poca importanza dia alle loro parole e al loro giudizio. Proprio perché certa del loro amore incondizionato.

Da dove arriva la nostra insicurezza e perché è così difficile fare in modo che il mondo ci guardi con i nostri occhi? 

E soprattutto, la percezione che abbiamo di noi stessi, è reale? E per quale motivo diamo così tanto importanza agli altri? Alla fine moriamo soli. E menomale! ci mancherebbe solo che anche passati oltre la linea di confine, il giudizio degli altri ci rendesse la morte impossibile! E' forse questo il punto? è forse il riflesso che scorgiamo negli occhi degli sconosciuti a tenerci in vita?

Io non credo esistano persone realmente immuni ai giudizi degli altri. Quelli che dicono "io me ne frego di quel che pensa la gente di me" tentano di giocarsi la carta dell'auto-convinzione ma forse sono quelli che ne escono fuori meno illesi.

Io dal canto mio tiro fuori i denti, mi incazzo, sto male, mi metto in discussione. E ne esco fuori più combattiva di prima, e se alla fine avevano ragione gli altri, almeno non sarò stata ad angosciarmi nelle mie sensazioni. E quindi creo, vado avanti, cerco una soluzione. Perché una soluzione c'è sempre.


Venerdì ho un colloquio importante. Me la sto facendo sotto. 


sabato 17 ottobre 2009

la nostra via di fuga

Pubblicato da Micha Soul alle sabato, ottobre 17, 2009 0 commenti

Diciamoci la verità, per gente come noi (e con noi intendo me, mio marito e probabilmente i pochi lettori di questo blog) senza una passione che ci allontani dalla routine quotidiana, saremmo persi. Da rinchiudere o già morti.

Io e mio marito abbiamo la musica in comune e non potendo arrivare ad etichette discografiche major, abbiamo sempre fatto in modo di scegliere l'autoproduzione e il supporto di etichette discografiche indipendenti. Il 90 % del lavoro di un album in questo modo vien fatto dall'artista. 

La scrittura, la ricerca di basi musicali, la ricerca di collaborazioni, le registrazioni, i 160 km a settimana per andare a mixare i pezzi e per la masterizzazione finale, la ricerca dei grafici per la copertina, dei fotografi, dei registi del video ecc ecc ecc.

Un bel lavoraccio insomma. Duro, stressante quanto appagante. Nel caso di mio marito, durato un anno.

Finalmente oggi ci sono arrivate le copie. Fra una settimana ci sarà il live di presentazione ufficiale. Tutto fila liscio (mi tocco) e mentre guardo e riguardo il digipack mi sento fiera di lui, del nostro percorso musicale (questo è il suo primo lavoro solista ma prima di questo, insieme agi altri due membri del gruppo, abbiamo dato vita a due album: Graffi sul Vetro e Full Immersion), del nostro rapporto così speciale, del supporto che riusciamo a darci a vicenda.....

Mio marito è un mostro nella scrittura, i suoi sono deliri della mente, giochi metrici e sonori, immagini mistiche intrise di quel pizzico di noir che lo rende underground, avanguardistico ed indirizzato verso la musica d'autore piuttosto che al rap che ti spacciano oggi.
I suoi testi sono ricercati e per capirli bisogna avere la mente aperta d appartenere ad un target di pubblico che dietro ad una parola e ad un suono riesce ad intravedere il materializzarsi di immagini oniriche e/o incubi.

Mio marito fa rap ma ascolta De André, non segue il calcio, non ama fare il ballerino ridicolo nei club ridicoli pieni di sorrisi ridicoli, vive nel sottosuolo e torna in superficie quando il mondo giace negli abissi del sonno.

Se non conoscessi mio marito ed ascoltasi il suo album mi innamorerei di lui e sarei pronta a seguirlo fino in inferno. Laddove i deboli hanno amore e vincono sui forti.



per avere un'idea del concept e maggiori info ---- > CLICCATE QUI

grazie per il supporto.

lunedì 12 ottobre 2009

paura e delirio a.....

Pubblicato da Micha Soul alle lunedì, ottobre 12, 2009 2 commenti

A meno che non si tengano in cittadine pittoresche, all'interno di mura medievali,  a meno che non rappresentino un evento storico-culturale e non vogliano far scoprire colori e sapori di tempi ormai lontani, a me le feste di paese mettono una gran tristezza. Non mi spiego quale sia la ragione e di sicuro mi sto addentrando in un discorso troppo generico, facilmente contestabile e con mille eccezioni. Ma in linea di massima, questa ricerca esasperata di un qualsiasi cosa da festeggiare, mi deprime.
Premetto che abito nella ridente cittadina di Granarolo dell'Emilia (sì è dove producono l'omonimo latte e no, non ho ancora avuto l'onore di spernacchiare il simpatico bimbo dalla voce stridula che urla "è quello della Lola!!"). 

Premetto che tre anni fa durante i mondiali non usciva mezzo urlo dalle finestre dei cittadini di codesto paesello, nemmeno al gol che ci ha consacrati campioni del mondo. Tanto che all'inizio mi facevo dei problemi pensando che forse stessero tutti guardando altri programmi o che stessero addirittura dormendo e mi sono permessa di chiedere ad amici e parenti di urlare in silenzio per non infastidire il vicinato....ometto la loro risposta in merito.

Premetto che in questo paesello non esiste una piazza. Voi entrate a Granarolo, fate tre chilometri in rettilineo ed è finita Granarolo. Praticamente una specie di viale con negozi sui lati, il comune e la chiesa, sempre sulla strada. Tutti stabili nuovi, nessun segno di una civiltà passata. 

Non so voi, ma per me un paesino senza piazza non è un paesino!

Però c'è un parco giochi per i bambini e un campo da basket, una capannina per i gelati e ben DUE benzinai. E c'è la COOP,  sì, hanno dovuto far chiudere i fruttivendoli e la macelleria per costruirla ma vuoi mettere un edificio mastodontico con trecentocinquanta luci sempre accese anche di notte? che tristezza..... 
C'è anche un poliambulatorio molto attrezzato e una palestra dove non mancano corsi di ogni tipo. Insomma, tutto sommato ammetto di viverci bene, certo non è come vivere a Bruxelles, la mia città natale, ma sono sempre solo ad una decina di km dal centro di Bologna.

Tornando al tema del mio post, questo week-end c'è stata la festa cittadina (o paesana?) che festeggiava probabilmente il __esimo anno della nascita del Comune. Bancarelle a gogò, stand, giochi per bambini, esibizioni varie e fuochi d'artificio.

Descritto così sembra un evento allettante. In realtà le bancarelle sembrano essere gli scarti dei mercati delle piazze maggiori, avete presente quelle con i capi d'abbigliamento più tristi, quelle che vendono trenta calzini al prezzo di uno e ti danno in omaggio una padella antiaderente? o ancora quelle che vendono asciugamani e tende! io un anno ci comprai una parure di lenzuola tigrate che dopo due lavaggi sembravano lenzuola bianche sporche di fondotinta. Al tatto pizzicavano in maniera indecente a causa dell'elevato numero di pallini fastidiosissimi che aveva creato il tessuto. 

Poi la bancarella militare!!! la bancarella militare!! ancora non mi spiego come riescano a sopravvivere i poveri commercianti che girano le fiere con questo tipo di articoli. In vita mia non ho mai visto nessuna persona comprarvi qualcosa. D'altra parte se io fossi un uomo e avessi fatto il militare di leva, non mi sognerei mai di acquistare una giacca e gli anfibi che mi rimembrano quante mazzate mi sono preso durante il CAR!

E come potrebbe mancare la bancarella dei trucchi andati a male e dei profumi evaporati? e quella delle felpe con i cartoni animati? dai su dite la verità, lo so che anche voi avete da qualche parte in qualche armadio, in qualche angolino nascosto e dimenticato, la felpa di Lupin che avete regalato al vostro lui perché in realtà rifletteva la fantasia erotica che si manifestava inconsciamente dentro di voi, immaginando il vostro uomo con la sigaretta in bocca avvicinarsi a voi con quello sguardo penetrante e furbetto per rubarvi un bacio...ammettete che tutto è svanito quando è uscita la sua testa dalla felpa, se l'è sistemata con fierezza sulla maglia che indossava (sì, perché la stragrande maggioranza degli uomini non si sa perché, ma provano le maglie senza togliersi quelle che hanno già addosso) e vi ha chiesto "come mi sta?". In quel momento ammettete pure di aver avuto la visione di vostro figlio fra sedici anni. Ammettetelo anche se non è così, almeno non mi sento l'unica idiota.

E cosa dire degli interessantissimi stand? quello che mi ha colpita maggiormente è stato quello del SUB. Il sub??? ma fanno corsi di sub a Granarolo dell'Emilia? cos'hanno costruito un oceano artificiale a nostra insaputa? sì, amore, forse proprio dietro la coop!  

E lo stand del  fotografo? Quello con la gigantografia della classica foto di matrimonio che sembra risalire al 1980? E quello con un cartello scritto a penna che ti implora di fermarti e farti fare un ritratto...un ritratto??? ma mi ci vedete due ore seduta davanti ai granarolesi che mi passando davanti con crescioni, piadine, pizze e io lì a sbavare dalla fame con un torcicollo in arrivo e il sorriso fintissimo creato dall'imbarazzo della situazione e dall'obbligo di sorridere per il ritratto?

E la gente! quanta cazzo di gente c'è a queste feste di paese? macchine parcheggiate ovunque, immobilizzazione delle forze dell'ordine per bloccare centinaia, migliaia di automobili pronte ad invadere Granarolo dalle cittadine limitrofe! E le mamme e i papà con i loro trecento figli, duemila carrozzine che si scontrano, imbottigliamenti causati da esseri umani vaganti che si fermano con la bocca spalancata davanti allo showman della piastra magica, quella che in due secondi ti cucina qualsiasi cosa e si lava con una sola passata di spugna asciutta e senza detersivo. 

Tutti a tirar fuori il loro completo migliore, le donne con il tacco 20 che le vedi goffissime dopo i primi venti metri, gli uomini con quattro dita di gelatina in testa, i bambini intrappolati negli abiti più scomodi per salire e scendere dall'enorme bruco mela. 

E tutti camminano camminano camminano, si fermano, guadano, ricamminano, si fermano alla bancarella siciliana e si fanno fori un babà e un arancino, poi riprendono la loro passeggiata, si provano un cappotto e un cappello di lana con 25 gradi all'ombra, si fermano alla bancarella delle pizze al taglio, mangiano, si sporcano con il sugo bollente la loro mise della domenica, smadonnano, poi però il trancio di pizza di 2o metri se lo finiscono in tre minuti, si godono lo spettacolo del gruppo di sessantenni che fanno l'esibizione di Yoga sull'erba e che da lontano mia nipote scambierebbe per i Teletubbies. 
Si fermano a sfumacchiare nell'ultimo chiosco di piadine dopo aver deglutito una leggerissima piada peperoni, cipolla e salsiccia e ripercorrono il tragitto godendosi però tutto ciò che offre l'altro lato della strada.

Io e mio marito, ormai consapevoli del senso di tristezza che ci prende quando percorriamo quei tre chilometri (ora che ci penso forse è 1 solo perché dubito che io possa mai riuscire a resistere alla tortura per ben tre chilometri a piedi), ci divertiamo a farci questa sagra quasi ubriachi fradici. Non dovendo prendere la macchina, è l'unica occasione che abbiamo per vivere un evento del genere con un tasso alcolico in corpo elevato. Cosicché tutto ciò che a raccontare e a vivere da sobria mi rende inspiegabilmente triste, con l'ausilio del sangiovese, diventa uno dei momenti più divertenti dell'anno! E arrivati alla fine del nostro "paura e delirio a las Granarolas" che ci vede protagonisti di avventure ed aneddoti comici, che ci vede azzannare qualsiasi tipo di alimento elegantemente posto in rustici taglieri per la degustazione gastronomica, ci aspetta nientepopodimenoché l'immancabile, irrinunciabile, irresistibile stand DELLE CREPES ALLA NUTELLA per tornarcene così, a fine serata, a casa con un bel mal di testa ed una meritatissima dissenteria.

sabato 10 ottobre 2009

la scommessa del sabato

Pubblicato da Micha Soul alle sabato, ottobre 10, 2009 2 commenti


Mio marito è tornato a casa stamattina alle 7.30 dopo aver suonato a Milano per una serata in onore di Abba, un ragazzo di soli 19 anni ucciso a sprangate per motivi futili: si pensava avesse rubato l'incasso di un bar.
Alle 11.30 ci siamo alzati, dopo esserci coccolati e crogiolati fra le lenzuola, abbiamo consumato il nostro solito crunch del sabato e abbiamo optato per una bella passeggiata nel centro della nostra amata Bologna. Ammetto di essere fortunata ad aver un marito che non necessita per forza della sua pasta al ragù delle 13.00, obbligatoriamente seduto davanti alla tv, con tanto di pisolino pomeridiano. 

Siamo usciti di casa alle 12.30 e alle 13.00 avevamo già trovato parcheggio in una Bologna ancora vivibile. L'ora ideale per fare shopping.
Erano mesi che non mi permettevo una dose di sano "lèche-vitrine", ma la consapevolezza di avere ancora molte spese da saldare questo mese non mi rallegrava più di tanto la giornata. Ero quasi sicura che alla fine mi sarei portata a casa un accessorio da dieci euro e un pizzico di invidia verso le migliaia di ragazzine con pacchi, pacchettini, appena uscite dai vari Scout, H&M, Zara, Sisley e co.

Invece, LUI, forse per pena, forse per il senso di colpa scaturito dal suo assenteismo dell'ultimo periodo, mi ha concesso un bonus da spendere di 50 euro!
CINQUANTA EURO! e che cosa ci comprerai mai con cinquanta euro al giorno d'oggi, chiederete voi?
Questa è stata a mia scommessa di oggi. Comprare intelligentemente qualitativamente e quantitativamente con soli cinquanta miseri euro.

Prima tappa: il famosissimo mercatino di Bologna chiamato "La Montagnola" situato in Piazza VIII Agosto e nel Paco della Montagnola. Solitamente ho una specie di allergia verso i mercati, specie se fa caldo e se è affollato, ma la nostra fortuna è stata quella di arrivare ad un orario tattico e di trovare ancora bancarelle semi-vuote. Avevo già in mente che cosa avrei cercato in quel mercato: una paio di stivali. Ne immaginavo sia il colore che il materiale. Non so come, ma ho un dono particolare che fa sì che io riesca a materializzare nella mia mente quale tipo di oggetto mi servirebbe per creare il mio stile personalizzato. Non sono una da mode, non seguo le tendenze del momento, la mia moda la creo su di me, a seconda del mio corpo e dei miei colori del viso e degli occhi. A seconda del mio umore, della musica che sto ascoltando. Sono caledoscopica da quel punto di vista, non amo fossilizzarmi in un unico genere. 

Ad ogni modo, ho la fortuna di essere magra e di poter evitare di spendere cifre improponibili per vestirmi. 

La parola chiave è: riciclare.

Non butto via niente. Ho magliette ancora integre di quando avevo 17 anni e ogni anno posso tirarle fuori, abbinandole in maniera diversa e rendendole sempre attuali. Non sono una fashion addicted, ho solo ereditato da mia madre ciò che chiamano estro.

Dopo aver girato due bancarelle di scarpe, ecco il colpo di fortuna! IL paio di stivali che cercavo, a soli 29 euro. Li guardo, li tocco e mi dico che non è possibile, costano troppo poco, saranno scadenti, come minimo perdo il tacco dopo un'ora che li indosso, ma ho fretta e tutto sommato anche se non è vero cuoio, le prendo lo stesso, tanto quel che conta è la comodità (e c'è tutta) e lo stile (idem). 

Mentre ci dirigiamo verso la seconda meta, ne tiro fuori uno dal sacchetto e noto un cartellino con un prezzo: 79 euro. Un altro cartellino attaccato allo stivale con scritto vero cuoio. Incredibile! poi capisco. Sul lato interno del tacco destro vi è un piccolissimo ed impercettibile segnetto. Erano fallati. Ma un "fallo" tutto sommato più che accettabile!

Meta numero due: Pull And Bear. Io adoro quel negozio, per chi ha occhio, si riescono a fare degli affari incredibili. Il mio più bel paio di jeans viene da lì, li pagai 40 euro e li sto portando addosso in questo momento, vita bassa, strettissimi e quasi elasticizzati sulle gambe ma non lì dove potrebbe far male alla nostra "femminilità". 

Un lavaggio vintage ed una forma che disegna alla perfezione la silhouette, senza tasche ingombranti né cuciture fastidiose.

Quello che cercavo era appunto un secondo paio di jeans simile, poiché questo prima o poi inizierà a camminare da solo. Li vedo in vetrina, 35 euro. Aia!, mio marito mi guarda e mi dice: stiamo sforando. Io non lo ascolto, sticazzi della scommessa, penso. Li porto con me nel camerino, li provo, sono loro!! perfetti, ancora più beli di quelli che indosso perché hanno la vita leggermente più alta e sono più sottili, ecco i leggings effetto denim che cercavo su Laredute.it ma che ho dovuto rendere perché orribilmente obrobriosi!.
E poi vuoi mettere la cerniera che chiude il jeans sul polpaccio? stilosissima! 

Siamo in fila, ci guardiamo attorno, io abbraccio LUI come avrebbe fatto una ragazzina che sta per andare a vedere "Save the last dance" al cinema. E i miei occhi si fermano sul reparto accessori, vicino alla cassa, e lì vedo un cappello, IL capello. Faccio un balzo e me lo misuro, mentre LUI dalla fila scuote la testa sussurrando: 
"no, ora stai esagerando". 
"Dai amore!! guarda come mi sta bene, lo sai quanto li sfrutto i cappelli !!"
"No, mi spiace ma non è giusto, avevamo detto 50 euro a testa, e tu stai già sforando senza il capello". 

Lo rimetto apposto, e torno in fila col muso. E' il nostro turno, pago e la commessa con mia sorpresa annuncia "19 euro e 90"!! siiiiiiii! che culo!!! "bhè amore, ormai i cinquanta euro erano diventati sessanta nella nostra testa no?, tanto vale che i dieci euro restanti li spenda nel capello"!
E così mi sono portata a casa tre capi per soli 60 euro, ma nel pagare una delle commesse del negozio mi riconosce, conosce il gruppo e i nostri brani, mi fa i complimenti e mi regala una collana mettendola nel sacchetto di nascosto, una collana che portava il cartellino con scritto 10 euro. Io ero allibita, e quasi quasi non riuscivo ad accettare questo suo regalo, ma lei con una inspiegabile ammirazione negli occhi mi fa "non ti preoccupare, li metto io in cassa dieci euro, ma è un mio onore farti un regalo! basta che la indossi al prossimo live...". Sarà fatto, lo giuro.

Ci sono giorni in cui mi dico che da lassù qualcuno si diverte a farmi piangere un giorno e sentirmi la donna più fortunata del mondo il giorno dopo....riescono a farmi passare dall'inferno al paradiso senza che io mostri loro il biglietto per l'uno o per l'altro posto.

Quindi signori e signore, scommessa vinta e con questo post posso testimoniare che con pochi euro, molto occhio e qualche ammiratrice segreta, si riescono ancora a fare acquisti dignitosi e stilosi:






EPILOGO:
Lui ha speso 140 euro in un negozio di street-wear per tre maglie DI MARCA. Poi dicono di noi donne. In cambio, domani cucinerà lui per i miei suoceri che ha pensato bene di invitare a pranzo!! Tutto sommato mi è andata bene!

venerdì 9 ottobre 2009

Attacchi di panico e co.

Pubblicato da Micha Soul alle venerdì, ottobre 09, 2009 6 commenti

...ad un certo punto ti inizia a battere il cuore all'impazzata, perdi il senso dell'udito e la vista si fa poco nitida. Quasi non riesci a respirare e pensi quasi sia giunta la tua ora di dire addio a questi trentun anni di vita.

Poi una vocina dentro di te ti implora di alzarti, e di lasciare la stanza. 
Così facendo, l'attacco di panico viene abbandonato fra quelle quattro mura e tu questa volta l'hai fatta franca.

Sarà l'arrivo di un nuovo inverno, sarà un figlio che cerco da due anni senza ombra di successo, sarà la consapevolezza di avere una madre felice a metà, sarà che le mie capacità non trovano sfogo in un lavoro che mi dia soddisfazioni. Sarà sarà sarà. Qualsiasi cosa sia, questa volta sarà difficile da debellare.

Il medico mi ha prescritto dello Xanax, io mi sono recata in farmacia con la ricetta e prima ancora di rivolgermi alla farmacista, ho guardato il foglietto ed ho esclamato "no, scusi, ho sbagliato, torno più tardi...".

Mi sono detta che posso farcela da sola a controllare la mia mente, basta che mi prenda cura di lei.

Sono tornata a casa ed ho scritto la lettera di contestazione in risposta alla lettera di richiamo che mi è stata simpaticamente consegnata a mano martedì 6 ottobre dalla responsabile amministratrice dell'azienda per cui lavoro. Finalmente ho potuto usare l'arma della scrittura per comporre la mia replica dura e sincera ad un atto sgradevole ed irrispettoso verso il lavoro da me svolto in cinque anni per un'azienduccia dei miei coglioni. 

Se avete seguito le puntate precedenti, sarete al corrente del fatto che hanno scoperto un mio file nel pc del centralino che uso durante le mie noiosissime ore di archivio. In realtà quel file era lì per caso, lo trasferii dalla mia chiavetta USB per pubblicarlo sul blog. Ma lo scrissi a casa la sera prima, come ormai faccio da quasi un anno. Scrivo prima di andare a letto, trasferisco il file nella chiavetta e il giorno dopo dal lavoro pubblico il mio post sul blog. Tutto qui. Un gesto rapido ed innocuo.

Un gesto che aimé mi è costato una bruttisima lettera che ha provocato il corto circuito interno dei miei neuroni ed ha innescato una serie di veri e propri attacchi di panico.

Non so se quello che hanno fatto sia davvero legale, non so per quale motivo l'abbiano fatto visto che il mio lavoro viene svolto nel migliore dei modi. 

Ad ogni modo c'è sempre un perché e niente avviene per caso

Probabilmente mi stavo infossando in una realtà piccola dalla quale non mi era possibile uscire a causa della mia professionalità. Il fatto che lavorassi per quell'azienda come se fosse mia, facendomi mille scrupoli se un cliente ritardava con i pagamenti, chiamando l'ufficio da casa le (poche) volte in cui ero costretta a letto, chiedendo se tizio caio avesse chiamato, avvisando il mio responsabile delle cose urgenti da fare, chiedendo alla mia collega di controllare la posta onde evitare che la mia malattia potesse recare danni ai clienti.

Per 1100 euro impiegavo otto ore del mio tempo a pensare a come far crescere un'azienda, a come recuperare clienti, nonostante la consapevolezza di non  prendere un solo centesimo di provvigione. Poi è arrivata questa crisi, 9 persone in cassa integrazione, ma il figlio del padrone con la mini nuova di zecca e l'ultimissimo modello di i-phone, il padrone con l'X5 e io con due occhiaie sempre più pronunciate ogni giorno. 

Mi hanno spiegato che sarebbero arrivati tempi duri e che avrei dovuto fare il mio lavoro e quello di una delle ragazze che hanno messo a casa. Non potevo dire di no chiaramente. Per non impazzire del tutto però non nego che qualche giro su internet me lo facevo, fra una twitterata di due minuti, un controllino sul mio mypace per vedere se qualcuno avesse commentato qualche mio brano musicale, un giro di valzer sui siti d'informazione e tutto finiva lì. 
A dir tanto 15 minuti al giorno rubati alle otto ore di lavoro. Senza fare pause caffé. 
Dalle 13 alle 14 (pausa pranzo) dopo aver pranzato, mi occupavo di rileggere e correggere la bozza scritta la sera prima per il blog e la pubblicavo. Ne mandavo una copia via e-mail a mio marito e ne stampavo una per me.

Tutto qui. Niente più. Per il resto, mi occupavo egregiamente del mio lavoro.

Eppure ecco la lettera. Ecco lo schifo. L'ingiustizia, la cattiveria, l'incomprensione.
Sono tornata a casa e ho dato sfogo alla frustrazione formatasi in cinque anni a fare un lavoro che mi fa vomitare. Ho scritto la lettera e l'ho mandata all'azienda per raccomandata. Ho chiesto al dottore quanti giorni potesse darmi per via delle crisi di panico e lui mi ha concesso tre giorni per riposarmi.

Il primo giorno mi sono svegliata con un pò di malinconia, tanti dubbi sulle mia innocenza o colpevolezza. Ho cercato di capire quale alternativa potesse offrirmi Bologna in questo periodo e la risposta è stata "niente". Devi tener botta, mi ha detto il dottore.

Allora mi sono fatta una lunghissima doccia, come a voler sgrassare la mia anima da tutta la rabbia accumulata. Sono uscita dalla doccia come fossi stata battezzata una seconda volta, ma nel nome della libertà. 

Ho messo a posto casa, ho finalmente messo ordine là dove non riuscivo a trovare il tempo per farlo. Ho pulito i vetri, ho sciolto le tende color porpora facendo filtrare attraverso di esse un sole luminosissimo e con i suoi raggi quell'arietta fresca e profumata di campagna. Amo il gioco di colori che riesce a regalarmi un raggio di sole a contatto con un tessuto colorato, non per niente i muri di casa mia sono color senape. Il sottofondo musicale di Bob Marley ha fatto rivivere quei dieci giorni passati in Giamaica un anno fa e io ho ballato, cantato a squarciagola, quasi volessi allontanare i pensieri cattivi, la negatività.

Poi arriva la telefonata. Mi chiama la mia collega e mi chiede quali siano le mie intenzioni. Bastardo, il mio responsabile non ha nemmeno osato farsi sentire. La rassicuro dicendole che lunedì torno ma che per tre giorni ho bisogno di riposo e che nessuno mi rompa le scatole dal lavoro.

Metto giù e vado a vestirmi, esco, il sole mi bacia gli occhi, la fronte, anche le vespe che solitamente mi spaventano, sembrano venirmi di fianco con più discrezione, quasi a volermi solo far compagnia. E questa volta non scappo come è mia abitudine fare.

Mio marito torna dal lavoro e trova una moglie raggiante, profumata ed intenta a preparare un piattino orientale molto appetibile. Dopo cena lui ha un meeting importante per il suo cd, e io mi metto a letto alle 22.30.

Il giorno dopo alle 8.00 sono in piedi e sono un'altra donna

Oggi è il terzo giorno e mi sento viva, ho letto, sono stata un pò su internet a fare promozione all'album di mio marito, ho dato l'acqua alle piante, ho passato lo straccio nel terrazzo.
E dello xanax, nessun bisogno.

Adesso mi aspetta il week-end e il mio ritorno in ufficio lunedi. Eppure non ne ho paura. Non DEVO aver paura. Perché da lunedì prossimo io diventerò un'impiegata come tante. Timbrerò il solito cartellino alle 8.30 ed uscirò alle 17.30 puntuali. Farò il mio lavoro con calma e tranquillità, senza mai stressarmi e ripetendo a me stessa "fai quello che riesci a fare, e se non riesci a fare tutto oggi, lo farai domani, non ti corre dietro nessuno. Possono mandarti una lettera di richiamo per aver usato impropriamente i beni aziendali, ma non possono farlo perché non ti ammazzi di lavoro". 
Ecco, una specie di mantra da ripetere incessantemente nella mia testa.

Alcuni giorni, porterò con me il mio MacBook sul quale scriverò un post durante la pausa pranzo e lo pubblicherò la sera da casa.

Uscirò dal lavoro riposata e con le energie utili per portare avanti le mie passioni, per occuparmi della mia casa e di mio marito.

So che questa situazione non durerà in eterno, che prima o poi qualcosa cambierà, la crisi passerà e ci saranno più opportunità lavorative. O che mio marito si convincerà a schiodarsi da questo paese a seguito del mio brainstorming quotidiano e ci trasferiremo finalmente in Australia.

E se proprio prima di andare a letto alcuni brutti pensieri si impossesseranno di me, non chiederò aiuto allo Xanax, ma ad un libro, ad un pezzo jazz, ad un bicchiere di vino rosso e perché no, alla nostra grandissima santa maria.

lunedì 5 ottobre 2009

pillole di saggezza maschile

Pubblicato da Micha Soul alle lunedì, ottobre 05, 2009 1 commenti


 - amore, sono tanto giù, mi sento una merda, non ho più stimoli, mi sento inutile, depressa, con l'auto-stima ai minimi storici registrati....

- amore ma che dici? sei stupenda, sei bravissima, hai tenacia, non ti lamenti mai, sei coraggiosa e intelligente... amore dico davvero sai, sei di gran lunga al di sopra della media rispetto alle altre donne...tu.....tu sei incredibile! sei quasi un uomo!



......
non aggiungo altro.



venerdì 2 ottobre 2009

cresce la fobia per l'influenza suina........

Pubblicato da Micha Soul alle venerdì, ottobre 02, 2009 2 commenti

...... semplicemente esilarante.

(grazie precog 84!)

giovedì 1 ottobre 2009

Risparmio si, risparmio no

Pubblicato da Micha Soul alle giovedì, ottobre 01, 2009 1 commenti

Ho sempre pensato che risparmiare sulla spesa fosse una delle ultime cose che avrei fatto in vita mia. Piuttosto faccio attenzione a non sprecare, perché buttare il cibo a me non è mai piaciuto, ma guardare che i biscotti da mettere nel carrello siano quelli più economici, no! Eppure, in periodi di magra come questi, dove in poco meno di un mese ti vedrai portar via 1600 euro di assicurazione + 700 euro di condominio + 400 euro di tagliando senza contare il fatto che questo periodo combacia perfettamente con l’uscita dell’album di tuo marito il quale dovrà pagare grafico, fotografo e quant’altro, non resta altra alternativa. Ok, hai appena fatto un acquisto su laredoute.it di 120 euro, ma potevi rinunciare ad anticipare lo shopping invernale per non rimanere senza leggins pesanti effetto denim nei periodi più freddi?

Quindi, dicevo, inizi ad autoconvincerti che i prodotti con il marchio coop siano i più controllati, abbiano una qualità garantita e il prezzo più conveniente che ti permetterà di recuperare i 120 euro spesi ad insaputa di tuo marito.

Vai contro i tuoi principi morali e accetti di piegarti ai prezzi stracciati di Liddle, anche se mentre riempi il carrello di detersivi e prodotti per casa, non riesci a non pensare alla lettera che quel ragazzo scrisse a Beppe Grillo raccontandogli la sua orribile esperienza come impiegato disumanamente sfruttato, in uno dei punti vendita del suddetto supermarket.

Ringrazi tua nonna per averti convinta dopo anni e anni di implorazioni a spendere quei miseri 10 euro per la carta coop. E adesso grazie a quella carta coop hai uno sconto del 10% da spendere entro la fine del mese.

“Amore ma oggi è già il 30!!! Dobbiamo sfruttare lo sconto!!”

E quindi ti dirigi verso il supermercato incriminato di cui sei socia al 0.0000000010% ed inizi a fare acquisti manco avessero annunciato la terza guerra mondiale.

“No, amore, non possiamo prendere i prodotti in offerta, non applicano lo sconto”

“come no? E perché? Che stronzata è?”

“amore è così e basta, ok che la coop sei tu (possessore della carta soci) e quindi io ma non mi hanno mai interpellata per chiedermi se potessero andarmi bene queste regole! preferisci risparmiare con il mega sconto o con i prodotti in offerta?”

Dopo aver colloquiato animatamente con tuo marito, inizi ad essere presa da una sorta di euforizia natalìa, ovvero un'euforia natalizia in periodi non natalizi, e a riempire il carrello in maniera del tutto illogica. Unico scopo: spendere il più possibile per recuperare il maggior risparmio possibile.

Pensi a tua madre che da due mesi, ogni volta che viene a casa tua, ti fa notare che ti manca un secchio per il mocio del terrazzo e che la scopa ha il manico rotto. Ti fermi davanti al reparto casalinghi e scruti con attenzione pentole, tazze, servizi di piatti, posate stile moderno…. Tuo marito intanto si è caricato venti casse d’acqua sulla schiena e vaga a quattro zampe per l’ipercoop in cerca di sua moglie col carrello. Quando ti trova lì, ti corre incontro col fare di un cane ringhioso e tirandoti la maglietta coi denti ti trascina via dall’angolo casalingo.

Tu guardi tuo marito con occhi irresistibili e gli sussurri “amore, sai quanti bei piatti afrodisiaci posso cucinare con questo wok? Hai presente quelle pietanze che si mangiano con le mani? Io imbocco te e tu imbocchi me”…..e lui cede, anzi abbocca.

Arrivi alla cassa che non riesci a fare il conto delle buste che ti servono. Ne afferri uno strato spesso 3 cm, per un totale di 100 buste. Saranno in sconto anche quelle? Tuo marito intanto si è assentato un attimo (il momento ideale direi) per andare a cercare la lametta di ricambio del suo rasoio che userà sì e no due volte al mese. Avvicino mentalmente la parola “uomo” al verbo “cercare” e presa dal panico chiedo alla cassiera di chiamarlo con il microfono “il signore che sta cercando le lamette Gilette power fusion è pregato di rivolgersi immediatamente alla cassa 7 causa eccessiva produzione di bile della moglie. Stato di allarme livello 10.”

Finalmente quaranta minuti dopo, sei riuscita ad impacchettare tutto, hai anche chiesto in prestito un muletto ai magazzinieri per facilitare il trasferimento della tua spesa verso la tua macchina. Lo scontrino lungo 6 km viene strappato dalla cassiera, che con sorriso smagliante e unghie finte esclama “centosettantasetteeuroequarantacinque”.

Paghiamo, svuotiamo i carrelli e il muletto nel portabagagli, saliamo in macchina, ci guardiamo, prendo il mio cellulare, faccio il conto del miserissimo risparmio che ci ha fruttato questa scorta triennale di cibo e articoli vari. Alzo la testa verso di lui e lo imploro:

“dimmi che le venti confezioni di acqua che hai preso non erano in offerta!”


.......

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