venerdì 9 ottobre 2009

Attacchi di panico e co.

Pubblicato da Micha Soul alle venerdì, ottobre 09, 2009

...ad un certo punto ti inizia a battere il cuore all'impazzata, perdi il senso dell'udito e la vista si fa poco nitida. Quasi non riesci a respirare e pensi quasi sia giunta la tua ora di dire addio a questi trentun anni di vita.

Poi una vocina dentro di te ti implora di alzarti, e di lasciare la stanza. 
Così facendo, l'attacco di panico viene abbandonato fra quelle quattro mura e tu questa volta l'hai fatta franca.

Sarà l'arrivo di un nuovo inverno, sarà un figlio che cerco da due anni senza ombra di successo, sarà la consapevolezza di avere una madre felice a metà, sarà che le mie capacità non trovano sfogo in un lavoro che mi dia soddisfazioni. Sarà sarà sarà. Qualsiasi cosa sia, questa volta sarà difficile da debellare.

Il medico mi ha prescritto dello Xanax, io mi sono recata in farmacia con la ricetta e prima ancora di rivolgermi alla farmacista, ho guardato il foglietto ed ho esclamato "no, scusi, ho sbagliato, torno più tardi...".

Mi sono detta che posso farcela da sola a controllare la mia mente, basta che mi prenda cura di lei.

Sono tornata a casa ed ho scritto la lettera di contestazione in risposta alla lettera di richiamo che mi è stata simpaticamente consegnata a mano martedì 6 ottobre dalla responsabile amministratrice dell'azienda per cui lavoro. Finalmente ho potuto usare l'arma della scrittura per comporre la mia replica dura e sincera ad un atto sgradevole ed irrispettoso verso il lavoro da me svolto in cinque anni per un'azienduccia dei miei coglioni. 

Se avete seguito le puntate precedenti, sarete al corrente del fatto che hanno scoperto un mio file nel pc del centralino che uso durante le mie noiosissime ore di archivio. In realtà quel file era lì per caso, lo trasferii dalla mia chiavetta USB per pubblicarlo sul blog. Ma lo scrissi a casa la sera prima, come ormai faccio da quasi un anno. Scrivo prima di andare a letto, trasferisco il file nella chiavetta e il giorno dopo dal lavoro pubblico il mio post sul blog. Tutto qui. Un gesto rapido ed innocuo.

Un gesto che aimé mi è costato una bruttisima lettera che ha provocato il corto circuito interno dei miei neuroni ed ha innescato una serie di veri e propri attacchi di panico.

Non so se quello che hanno fatto sia davvero legale, non so per quale motivo l'abbiano fatto visto che il mio lavoro viene svolto nel migliore dei modi. 

Ad ogni modo c'è sempre un perché e niente avviene per caso

Probabilmente mi stavo infossando in una realtà piccola dalla quale non mi era possibile uscire a causa della mia professionalità. Il fatto che lavorassi per quell'azienda come se fosse mia, facendomi mille scrupoli se un cliente ritardava con i pagamenti, chiamando l'ufficio da casa le (poche) volte in cui ero costretta a letto, chiedendo se tizio caio avesse chiamato, avvisando il mio responsabile delle cose urgenti da fare, chiedendo alla mia collega di controllare la posta onde evitare che la mia malattia potesse recare danni ai clienti.

Per 1100 euro impiegavo otto ore del mio tempo a pensare a come far crescere un'azienda, a come recuperare clienti, nonostante la consapevolezza di non  prendere un solo centesimo di provvigione. Poi è arrivata questa crisi, 9 persone in cassa integrazione, ma il figlio del padrone con la mini nuova di zecca e l'ultimissimo modello di i-phone, il padrone con l'X5 e io con due occhiaie sempre più pronunciate ogni giorno. 

Mi hanno spiegato che sarebbero arrivati tempi duri e che avrei dovuto fare il mio lavoro e quello di una delle ragazze che hanno messo a casa. Non potevo dire di no chiaramente. Per non impazzire del tutto però non nego che qualche giro su internet me lo facevo, fra una twitterata di due minuti, un controllino sul mio mypace per vedere se qualcuno avesse commentato qualche mio brano musicale, un giro di valzer sui siti d'informazione e tutto finiva lì. 
A dir tanto 15 minuti al giorno rubati alle otto ore di lavoro. Senza fare pause caffé. 
Dalle 13 alle 14 (pausa pranzo) dopo aver pranzato, mi occupavo di rileggere e correggere la bozza scritta la sera prima per il blog e la pubblicavo. Ne mandavo una copia via e-mail a mio marito e ne stampavo una per me.

Tutto qui. Niente più. Per il resto, mi occupavo egregiamente del mio lavoro.

Eppure ecco la lettera. Ecco lo schifo. L'ingiustizia, la cattiveria, l'incomprensione.
Sono tornata a casa e ho dato sfogo alla frustrazione formatasi in cinque anni a fare un lavoro che mi fa vomitare. Ho scritto la lettera e l'ho mandata all'azienda per raccomandata. Ho chiesto al dottore quanti giorni potesse darmi per via delle crisi di panico e lui mi ha concesso tre giorni per riposarmi.

Il primo giorno mi sono svegliata con un pò di malinconia, tanti dubbi sulle mia innocenza o colpevolezza. Ho cercato di capire quale alternativa potesse offrirmi Bologna in questo periodo e la risposta è stata "niente". Devi tener botta, mi ha detto il dottore.

Allora mi sono fatta una lunghissima doccia, come a voler sgrassare la mia anima da tutta la rabbia accumulata. Sono uscita dalla doccia come fossi stata battezzata una seconda volta, ma nel nome della libertà. 

Ho messo a posto casa, ho finalmente messo ordine là dove non riuscivo a trovare il tempo per farlo. Ho pulito i vetri, ho sciolto le tende color porpora facendo filtrare attraverso di esse un sole luminosissimo e con i suoi raggi quell'arietta fresca e profumata di campagna. Amo il gioco di colori che riesce a regalarmi un raggio di sole a contatto con un tessuto colorato, non per niente i muri di casa mia sono color senape. Il sottofondo musicale di Bob Marley ha fatto rivivere quei dieci giorni passati in Giamaica un anno fa e io ho ballato, cantato a squarciagola, quasi volessi allontanare i pensieri cattivi, la negatività.

Poi arriva la telefonata. Mi chiama la mia collega e mi chiede quali siano le mie intenzioni. Bastardo, il mio responsabile non ha nemmeno osato farsi sentire. La rassicuro dicendole che lunedì torno ma che per tre giorni ho bisogno di riposo e che nessuno mi rompa le scatole dal lavoro.

Metto giù e vado a vestirmi, esco, il sole mi bacia gli occhi, la fronte, anche le vespe che solitamente mi spaventano, sembrano venirmi di fianco con più discrezione, quasi a volermi solo far compagnia. E questa volta non scappo come è mia abitudine fare.

Mio marito torna dal lavoro e trova una moglie raggiante, profumata ed intenta a preparare un piattino orientale molto appetibile. Dopo cena lui ha un meeting importante per il suo cd, e io mi metto a letto alle 22.30.

Il giorno dopo alle 8.00 sono in piedi e sono un'altra donna

Oggi è il terzo giorno e mi sento viva, ho letto, sono stata un pò su internet a fare promozione all'album di mio marito, ho dato l'acqua alle piante, ho passato lo straccio nel terrazzo.
E dello xanax, nessun bisogno.

Adesso mi aspetta il week-end e il mio ritorno in ufficio lunedi. Eppure non ne ho paura. Non DEVO aver paura. Perché da lunedì prossimo io diventerò un'impiegata come tante. Timbrerò il solito cartellino alle 8.30 ed uscirò alle 17.30 puntuali. Farò il mio lavoro con calma e tranquillità, senza mai stressarmi e ripetendo a me stessa "fai quello che riesci a fare, e se non riesci a fare tutto oggi, lo farai domani, non ti corre dietro nessuno. Possono mandarti una lettera di richiamo per aver usato impropriamente i beni aziendali, ma non possono farlo perché non ti ammazzi di lavoro". 
Ecco, una specie di mantra da ripetere incessantemente nella mia testa.

Alcuni giorni, porterò con me il mio MacBook sul quale scriverò un post durante la pausa pranzo e lo pubblicherò la sera da casa.

Uscirò dal lavoro riposata e con le energie utili per portare avanti le mie passioni, per occuparmi della mia casa e di mio marito.

So che questa situazione non durerà in eterno, che prima o poi qualcosa cambierà, la crisi passerà e ci saranno più opportunità lavorative. O che mio marito si convincerà a schiodarsi da questo paese a seguito del mio brainstorming quotidiano e ci trasferiremo finalmente in Australia.

E se proprio prima di andare a letto alcuni brutti pensieri si impossesseranno di me, non chiederò aiuto allo Xanax, ma ad un libro, ad un pezzo jazz, ad un bicchiere di vino rosso e perché no, alla nostra grandissima santa maria.

6 commenti on "Attacchi di panico e co."

Lindalov on 9 ottobre 2009 alle ore 21:34 ha detto...

brutta cosa si, l'ansia.

Un abbraccio,
LL

S on 9 ottobre 2009 alle ore 23:28 ha detto...

sei bravissima!!
io non sarei mai riuscita a tenermi quel posto, la gente li dentro sembra orribile, è veramente la più grande delle ingiustizie rompere le scatole a una scrupolosa lavoratrice per 3 cavolatine personali in OTTO ore di lavoro da follia (si sono stata centralinista/receptionist anche io tre anni fa...impazzivo, però potevo farmi i fatti miei purché non influissero sul lavoro).
E poi voglio capire, che cosa fanno li dentro, spulciano file per file di ogni dipendente? Wow, loro si che lavorano, complimentoni!
Grande tu, continua così!

denisedenny ha detto...

non potevi affrontare meglio la situazione! sei una persona forte...ti abbraccio denny

Micha Soul on 10 ottobre 2009 alle ore 12:28 ha detto...

Silvia, purtroppo non ho altra scelta. Mi sarei potuta mettere in malattia per uno, due mesi, un anno tirando fuori tutto il male che ho dentro, con crisi di pianti ed esaurimento nervoso davanti al medico, ma poi mi sono detta che non vivrei in pace con me stessa. Ho iniziato a cercare un altro lavoro ma al momento a Bologna un lavoratore su tre è in cassa integrazione. Devo solo aspettare pazientemente. Una cosa è sicura, questa lezione mi è servita. Non a non utilizzare più internet (vedrò di comprare una chiavetta da usare sul mac nell'ora di pausa) ma a trattare le persone come meritano. Menomale che c'è questo blog e le mie lettrici supporters!! un bacione a tutte voi!

Unknown on 10 ottobre 2009 alle ore 19:43 ha detto...

non pensavo di leggere certe parole da una donna cosi' vitale come te Leo. Ma mi fa piacere vedere che appunto la tua vitalita' sia riuscita a sopperire all'illusione del benessere che la chimica ti avrebbe potuto fornire. E spero vivamente che continui cosi' perche' quella roba calma e' vero ma si porta via parte di te. E te lo dice uno che non e' stato cosi' bravo a reagire.
Il tuo nuovo mantra e' la cosa piu' giusta che potessi creare perche' semplicemente non ne vale la pena. Non per quella gente. I sacrifici bisogna farli per qualcosa cui si tiene e che se li merita. Al diavolo tutto il resto :)

Anonimo ha detto...

Piccola grande Donna!!! ancora una volta mi hai fatto commuovere nel tuo racconto!!!! sei forte e determinata!!! solo io so' quanto vali tesoruccio mio ... in tutte le cose che fai ci metti amore, bravura e responsabilita'.... non meritavi certamente di essere trattata cosi... sei una grande lavoratrice, mi ricordo ancora quando mi dicevi che non ti potevi assentare neanche per malattia e a volte andavi in ufficio anche con la febbre perche' alcune cose le potevi fare solo tu... questo e' il risultato... ne sono veramente mortificata. Tesoruccio!!! forse non tutto il male viene per nuocere... tieni duro e questa volta fai vedere veramente chi sei!!! soprattutto fai valere le tue capacita'.... sei troppo umile e buona, anche in questo mi assomigli!!! ma a tutto c'e' un limite e spero che la tua lettera di contestazione sia stata abbastanza dura da provocare loro dei rimorsi e dei ripensamenti per l'ingiustizia fatta.... Non ti arrendere mai tesoro e sappi che sei una GRANDE con la G maiuscola!!!! Un detto dice: quando si chiude una porta... si apre un portone!!!! Dunque sii serena e fiduciosa!!!! ti mando un abbraccio infinito.... la tua mamma che ti adora

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