Intradibile. Così mi ha descritta ieri sera la mia migliore amica durante una conversazione telefonica. Una di quelle conversazioni durate due ore e mezza, uno di quei momenti in cui mi dico che sono fortunata ad avere lei nella mia vita.
E' arrivata a Bruxelles quando aveva 6 anni. In prima elementare me la sono trovata in classe e da subito siamo diventate inseparabili. Abbiamo condiviso infanzia e adolescenza. Fino a quando il lavoro di suo padre me l'ha portata via, finita la terza media, nemmeno il tempo di un saluto come si deve, di un abbraccio e di lacrime mischiate, così com'era apparsa dal nulla, quella ragazzina Romana che non potevo guardare Biancaneve senza esclamare "ma quella sei tu, V.!!!!". Era partita, tornando nella città di cui parlava in continuazione e che aveva sempre portato con sé nell'anima, Roma.
Non so se credere al destino o se seguire gli assiomi della psicologia che non ammettono la possibilità che tutto sia già scritto, affermando che ognuno di noi è padrone della propria vita. Nel nostro caso, nessuna delle due poteva evitare questo straziante distacco. Un distacco durato 7 anni (di nuovo il numero 7....), nei quali lei tornava molto saltuariamente a visitare una nostra compagna di scuola cui genitori erano molto amici con i suoi. Restava quei due/tre giorni a Bruxelles, ospite di questa ragazza di cui ero chiaramente gelosissima. Durante quei pochi giorni che la vedevano mia compagna di banco (dopo aver chiesto ai vari professori se potesse entrare in classe spiegando che trattavasi di un ex-alunna che mi stava facendo visita) era come se non ci fossimo mai separate. Riuscivamo in pochissimo tempo a raccontarci le nostre storie, le avventure, le nuove amicizie. Ma più gli anni passavano e più ci scoprivamo diverse da prima e soprattutto diverse l'una dall'altra.
Per spiegare questa diversità è indispensabile che io dedichi poche righe (ci provo!) alla descrizione della scuola che frequentavamo insieme fino alla terza media e che io ho poi frequentato fino al diploma: la
Scuola Europea. La scuola Europea è stata creata inizialmente per i figli dei funzionari delle istituzioni europee quali Commissione, Consiglio dei Ministri, Parlamento, ma anche per i figli dei funzionari della N.A.T.O. e successivamente per chiunque avesse un conto in banca tale da permettere l'iscrizione alla suddetta scuola pagando una retta annuale salatissima. Insomma un bel covo di figli di papà, ecco!
Io ho avuto una grandissima fortuna di essere figlia di una delle tante segretarie del Consiglio dei Ministri, e ne ho ricavato il biglietto per il paese dei balocchi. Una scuola dalle strutture ultramoderne, che contava più di 3000 studenti, dalle materna alle superiori, divisi in ben 6 sezioni: sezione tedesca, sezione anglofona, sezione francofona, sezione olandese, sezione portoghese e sezione italiana. Un melting pot europeo che riusciva a far convivere anche dieci nazioni diverse in un'unica scuola, in un unico refettorio, in un unico spazio ricreativo e culturale.
Tutto perfetto e lindo, aule calde, pulite, ordinate, laboratori di scienze munite di un microscopio per alunno, un becco bunsen per alunno, un computer per alunno. Mentre in Italia si studiavano i vari esperimenti sui libri di testo, noi li riproducevamo in laboratorio. Non per niente gli studenti forti nelle materie scientifiche oggi sono degli illustrissimi cardiologi, chirurghi, veterinari, ricercatori in biologia molecolare ecc ecc e quasi tutti lavorano negli States, altri in Svizzera o in Inghilterra. Nessuno in Italia.
Avevamo gli armadietti a mò di college americano, la radio della scuola, un campo da calcio tenuto meglio dello stadio di Anderlecht, circondato da piste degne dei giochi olimpici, a pochi metri una palestra enorme di più di 1000 metri quadrati. Più che ad una palestra, potrei paragonarla al palazzetto dello sport in cui gioca la squadra di Basket Fortitudo qui a Bologna.
Un lusso, sì, era proprio un lusso. Eppure Dio solo sa quanta gioventù bruciata generava quel lusso. La maggior parte di quegli studenti erano figli infelici di genitori assenti, giovani studenti che avevano tutto, troppo, e troppo presto. D'altra parte come in tutte le cose, ci sono sempre due lati di una medaglia.
Quello che ne ho ricavato io, così come la mia inseparabile compagna d'avventura, e così come tante altre persone che col tempo sono riuscita a rivedere e riabbracciare, non è altro che un'apertura mentale che solo vivendo quello che vi ho appena descritto potreste capire. Immaginatevi una bambina che già all'età di 2 anni entra in contatto con bambini di altre nazionalità, che parlano altre lingue, che portano addosso altre culture. Immaginatevi questa bambina che crescendo non distingue il bianco dal nero, il Francese dall'Italiano, l'Olandese dal Portoghese, una bambina che diventa ragazza ed inizia a fumare le prime sigarette con una compagna di banco Olandese e conosce la parola COTTA con un Portoghese dell'Angola. La nostra capacità comunicativa è stata senz'altro sviluppata da questo percorso, da una scuola dall'approccio moderno, anche se troppo classista.
Ecco, arrivata a questo punto immaginatevi una ragazza cresciuta in questo mondo, fiera di essere Italiana e di dimostrare la propria italianità alla sua compagna di banco Irlandese tramite i racconti di una delle tante estati passate al mare a Nettuno, di raccontare quanto sia bella l'Italia, di quanto siano smpatici gli italiani, di quanto gli manchino i suoi amici del mare che rivedrà aimé solo fra un anno. Quegli amici che appena arriva Luglio non vedono l'ora di corteggiare "quella bella ragazza mora che viene da Bruxelles". Immaginatevi questa ragazza Romana alla fine della terza media che prende e torna a vivere in un paese che scoprirà ben presto di non sentire suo poiché poco ha a che fare con l'immaginario che si era lei stessa costruita in base a poche informazioni.
Immaginatevi questa ragazza e la botta in testa che riceverà al primo approccio con la scuola italiana.
Le superiori per la mia V. hanno rappresentato l'incubo che non vorreste mai vivere. Emarginata dai propri connazionali, un'Italiana che all'estero affermava con orgoglio di essere Italiana, ora veniva trattata come una straniera e fatta sedere all'ultimo banco in fondo insieme ad una studentessa Equadoriana. Faccia a faccia con una realtà diametralmente opposta a quella appena abbandonata, strutture scolastiche distrutte, approccio allo studio più teorico, chiusura mentale e formazione di piccoli gruppetti/ghetto di studenti pronti a deriderne altri.
Io non ho vissuto tutto ciò, ma non faccio fatica a capire quanto sia stato difficile per lei.
Solo dopo aver condiviso con me, parecchi anni dopo, i racconti di questa sua disavventura, sono riuscita a capire perché la sua seconda visita a Bruxelles la vedeva vestita dark e con quattro chili di trucco in faccia, mentre un anno dopo il suo nuovo look era una mise classica da ragazzina della Roma perbene. Solo allora capii che stava cercando la sua strada cambiando frequentazioni, cercando di farsi accettare a tutti i costi, anche a costo di perdere la sua identità, per quanto particolare e difficile da sradicare fosse. Il tempo ci aveva divise, piano piano le sue visite a Bruxelles si facevano sempre più rare e ci siamo perse. Ancora nessuna delle due riesce a spiegare come sia successo.
Io e V. ci siamo ritrovate per caso (o per destino) qualche anno prima che mi laureassi a Forlì. Un messaggio sul mio cellulare il giorno del mio ventiquattresimo compleanno: "tanti auguri tesoro, dalla tua M.A.". Non ebbi alcun dubbio, era lei e mi aveva ritrovata.
Da lì in poi non ci siamo mai più lasciate, nonostante i miei mille spostamenti, mille traslochi in altri paesi, ci siamo sempre sentite, ritrovate, come se né il tempo né la lontananza avessero mai potuto separarci.
Gli ultimi anni di scuola senza di lei furono molto duri per la sottoscritta.
Avevo altre amiche sì, ma lei mi mancava e per colmare quel vuoto ho inizato ad interessarmi alla sfera maschile e di rimpiazzare l'amicizia con cotte, delusioni, sesso. Droga mai. Nonostante passasse più droga in quella scuola che in tutto il resto della città, era l'unico modo per continuare a sentirmi volontariamente diversa da tutti quei figli di papà. Mio padre era un parrucchiere e successivamente divenne un ristoratore. Già questo bastava ai miei compagni per considerarmi diversa. Diciamo che della mia diversità facevo la mia forza, traevo tutto ciò che c'era di buono nel frequentare quell'ambiente e ne scartavo il marcio. E grazie a questa mia diversità, una volta uscita da quella scuola mi sono trovata bene ovunque andassi poiché portavo con me il bagaglio di un'esperienza fuori dal comune, amalgamata con una buona dose di umiltà che molto spesso mancava a chi frequentava quegli ambienti.
"Tu sei intradibile, Francy non potrebbe mai tradire una ragazza fantasiosa e aperta come te." Questa la frase che mi ha detto a bassa voce ieri sera tardi al telefono durante una delle tante conversazioni sui tradimenti, sull'amore, sulla difficoltà di portare avanti una relazione. "Voi due siete un esempio per tante coppie, lui è un grande per tutto quello che ha fatto per te a soli 23 anni, sposarti, comprare casa, cambiare quello che andava cambiato, le brutte abitudini, ma tu tesoro, non sei tradibile quindi smettila di dire che se ce la fate voi ce la può fare chiunque".
Io dopo una risata e un attimo di silenzio ho solo risposto:
"Amò, non c'entra niente essere fantasiosi, né essere boni, ricchi, o famosi. C'entra l'aver vissuto ed aver imparato da ciò che hai vissuto. La vita ti dà delle opportunità, delle occasioni, ci sono molti modi per coglierle, molte sfumature con cui ombreggiarne i colori, la scelta a volte è nelle tue mani, a volte no. L'importante è non tradire se stessi, quello che si è è quello che si vive. Non mi sono mai vergognata di sentirmi diversa da tutti. Ma invece di rinchiudermi in me stessa e diventare una persona diffidente, invece di creare un muro tra me e il mondo esterno, ironizzo sul mio essere diversa, sulle mie mancate radici. Ironizzo sul mio accento strano, sul fatto che a Bologna pensano sia Toscana, in Toscana pensano sia di Bologna e a Forlì, solo perché vivevo con una ragazza di Roma di cui avevo assorbito la parlata, pensavano fossi Romana. Ironizzo su questo mio non avere un dialetto, una cadenza che mi faccia appartenere ad una città, ad un paese. Rendo tutto ciò interessante. In realtà sono insicura e spaventata, ma dopo aver vissuto nel paese dei balocchi e averne scoperto le diverse falle, ho ben chiaro quale sia la cosa più imporante...."
"si?? e quale?"
"non cercare mai di essere ciò che non sei".
Pare che il numero dell'acquario sia il 7. Dico pare perché faccio quest'affermazione basandomi su lontani ricordi di una ragazza che seguiva l'oroscopo e tutto ciò che era correlato ai segni zodiacali, il colore portafortuna, la pietra portafortuna, il giorno portafortuna, l'influenza dell'ascendente ecc ecc. Nel mio cassetto mnemonico (provate a dire questa parola sette volte di fila...non ce la farete!!), strabordante e disordinatissimo, sono riuscita a reperire quest'informazione:
il numero 7 è il mio numero.
In effetti devo dire che corrisponde a realtà.
7 è l'ora in cui mi alzo ogni mattina, che io vada a letto alle 22.00 o alle 4.00, che io metta la sveglia alle 6.30 o alle 11.00, alle sette, la mia bocca chiede acqua, il mio stomaco chiede un caffé e la mia vescica chiede pietà.
7 sono le storie avute nella mia vita, e parlo di quelle durate più di 7 giorni.
7 sono i traslochi che ho affrontato. Con un'esperienza simile alle spalle, in caso di licenziamento e di crisi profonda, potrei sempre metter sù un'impresa di traslochi e garantisco un'efficienza tale da distruggere la concorrenza. Trovami un'altra ditta che riesca a far entrare 5 valige, 5 quadri 3 tappeti persiani, una scrivania, 3 scatoloni, 1 Personal computer (e parlo del modello più antico e ingombrante che vi possiate immaginare), libri, dizionari, pentole e soprammobili etnici (e GROSSI) vari in una lancia Y per traslocare da Forlì a Dublino in tutta tranquillità e scioltezza. E che nonostrante il sovraccarico di merce che ti occupa ogni minimo angolo dell'automobile, sia in lunghezza che in altezza, riesca a crearti quel buchino di 5 cm quadrati che permetta al retrovisore di intravedere se qualcuni dietro ti sta sfanalando perché stai andando a 70 km/h in autostrada. Roba che fai fatica a salire sulla rampa di carico della nave e gli altri passeggeri in fila con te sulle loro automobili "volanti" pensano tu abbia sette contorsionisti cinesi e clandestini nascosti nel bagagliaio della tua auto.
7 sono i peccati capitali che conosco aimé molto bene: pecco di superbia con chi non dimostra umiltà, sono avara da quando ho capito che due cuori e una capanna è pura utopia, amo il sesso (e chi non lo ama?), invidio un casino il vibrando di Laurin Hill, amo il cibo e mangio davvero tutto. Quando dico tutto dico anche una zuppa di meduse offertami durante una cena di lavoro in Cina (e ho detto tutto). Sono pigra e me ne vanto. E' grazie alla mia pigrizia che in questo momento di mia scrittura mi svago, son felice e me ne sbatto della polvere che ho sui mobili. La pigrizia è arte. Basta saperla controllare. Sono iraconda, come tutte le donne o quasi, in fase premestruale e talvolta anche in fase mestruale. E' per caso colpa mia se il progesterone sta calando drasticamente e il mio livello ormonale si sta avvicinando a quello di in un uomo??
7 sono i colori di capelli che ho avuto: biondo dorato, rosso fuoco, color mogano, castano scuro, biondo platino, cioccolato e il mio colore naturale. Simply brown.
7 è il numero di locali che dovrebbe avere la mia casa dei sogni. Cucina, bagno, salotto, sala giochi/biblioteca per i bimbi, due stanze da letto per i bimbi e una stanza matrimoniale per noi due. Un giardino per farli correre l'estate e farli giocare con Ulisse, il nostro labrador. Niente più, niente meno. Non me ne faccio un cazzo di sette case o sette appartamenti o sette ville con sette camere matrimoniali per i miei sette amici che non avranno mai il tempo di venire tutti e sette alle sette e sette di sera il sette di settembre per aprire sette bottiglie di champagne davanti ad una delle sette meraviglie del mondo: IO.
Se avessi sette conti in banca con cifre a sette zero, giuro che farei felice altre sette famiglie, senza aver niente in cambio, se non sette sorrisi al giorno, moltiplicati per i sette giorni di ogni settimana nell'arco di 77 anni.
7 sono i miei sogni nel cassetto: avere un lavoro che mi piaccia e che mi paghi in base alle mie capacità (=diventare ricca), diventare madre di almeno due figli e mandarli alla scuola di "Fame" (leggi feim) negli Stati Uniti (accompagnandoli e seguendoli sempre, chiaramente!), creare un qualcosa (possibilmente un album) che rimanga e che tenga viva la mia memoria quando sarò polvere, riuscire ad amare mio marito per tutta la vita senza pentirmi fra dieci anni (come fa la maggior parte delle donne) di essermi sposata, trovare la formula magica per far sparire le parole politica, dittatura, guerre, petrolio, mafia, lusso, incidenti, fame, sete, povertà, ignoranza, violenza, armi, razzismo, vaticano ed egoismo, insieme alla loro sostanza. Stare accanto a mio marito e vederlo realizzarsi spronandolo e appoggiandolo sempre. Dietro ai grandi uomini, ci sono sempre delle grandi donne, una basta però. Non sette.
7 sono i punti di questo post con i quali ho descritto un settimo della mia personalità. Chissà se arriverà ad avere almeno sette commenti da parte dei miei sette lettori :-)
Sesso e TV. No, non vanno proprio d'accordo. Ci sono momenti in cui il mio unico desiderio è quello di scaraventare quel mostro plasmico dalla finestra, ma sai che fatica e che rischi corri se qualcuno passa per caso da lì (certo alle 22.30 di mercoledì chissà chi passa dal piazzale del condominio! forse l'uomo playmobil che ad ogni ora accorre ad annaffiare le sue piante, una bella TV in testa non gli farebbe male!!) allora mi accontenterei di spegnerla con un battito di mani. Ma anche solo con uno schiocco di dita.
Clap, spenta. Skiock, spenta.
Invece no, nel 2008 a noi poveri mortali tocca ancora andare a cercare il telecomando che, puntualmente, nei momenti più critici, quegli attimi in cui sei preso a fare tutt'altro, magari del buon sesso sul divano di casa dopo aver sorpreso tuo marito con una cenetta afrodisiaca, proprio quando sei lì nel bel mezzo del vostro "voyage" c'è qualcosa che stona... quella vocina dietro dei bimbi che cantano "buon natale", o ancora peggio una pubblicità progesso o un TG-flash che annuncia in 3 minuti concentrati, l'ennesima strage, l'ennesimo attentato, l'ennesimo omicidio. Proprio in quel momento in cui devi mantenere la concentrazione sennò è finita e tocca ricominciare tutto da capo. In quel preciso momento, devi assolutamente cercare quel cazzo di telecomando e distruggerlo. Invece non lo trovi, e sei lì, in mezzo al salotto, mezza nuda, con i piedi nudi e infreddoliti che odiano il contatto con il pavimento gelido e tu in equilibrio sulle punte corri cercando di non sembrare troppo goffa e ridicola agli occhi di LUI mentre fai volare i cuscini del divano, mentre ti pieghi per guardare se il bastardo si è per caso infilato sotto quella maledetta poltrona che rasenta di poco il pavimento e ti chiedi come diavolo fa ad infilarcisi così precisamente! E allora a quel punto guardi la faccia di LUI, la sua espressione manifesta chiaramente che gli stanno già girando le balle ma cerca di nasconderlo perché potresti trarne un pretesto per dire le tanto temute 3 parole "lasciamo stare, và"! (riferite alla possibilità di concludere, non di cercare il telecomando). E intanto di sottofondo si fa sempre più forte la fastidiosissima voce di Mentana che ti informa che è tardi e che fra poco inizia la sua trasmissione e anche lui sembra guardarti un pò sconvolto. "Trovato!!! L'ho trovato! Eccolo! che cazzo ci fa sul mobile della cucina...ce l'avrà appoggiato lui!!" sussurri tra te e te per non peggiorare la situazione già precipitata a quota "con questa stronzata del telecomando devo recuperare venti minuti di preliminari".
Allora ti trasformi in mutante, figlia di flash e della donna bionica che non soffre il freddo, nel giro di 3 secondi hai già premuto il tasto mute, hai già tolto, con fare sensuale, ciò che ti era rimasto addosso, quasi sperando che con un mini-spogliarelo e lo sguardo languido possa ridurre i 20 minuti di preliminari che gli devi, a 10. Eccovi finalmente a continuare il vostro dovere coniugale quando dal suo cellulare parte la suoneria più lunga della storia degli SMS: IL PADRINO. Miiiiiinghia!! E' solo un SMS amore, non ci pensare, è solo un SMS. Lascialo stare lì dov'è, non badare a questa musichetta...ora finisce tanto, dai qualche secondo e si ferma........si ferma vero? ma quando finisce????
Ma ormai è già sceso tutto, la magia, la voglia e tutto il resto. Ci siamo capiti. Prendiamo, e come se non fosse successo niente, andiamo in bagno a lavarci i denti, spegnamo tutto, TV, albero, luci di natale, "hai chiuso la porta a chiave? - si - hai tirato giù gli avvolgibili? - si! Saliamo in camera, ci infiliamo sotto le coperte e lui prende il telecomando. "che fai? accendi la TV?" esclamo io con tono interrogatorio e velatamente offesa nell'orgoglio, e lui con cadenza secca ed innervosita risponde:
"si, c'è Matrix. Almeno m'addormento più in fretta."
....
Oggi non ho fantasia, ma tanta voglia de ride. Stamattina apro la posta elettronica e ricevo questa mail da mia madre (pensate com'è messa!), che ho pensato di condividere con voi lettori che un giorno sarete numerosissimi e vi imbatterete in questo post....(sarei curiosa di sapere quale tra questi "aneddoti" v'abbia fatto ridere di più, ammesso che abbiate riso ehm)!
Realmente accaduto a Roma a bordo della Metro A:
Una signora espone il biglietto integrato giornaliero al controllore.
Signora: 'Mi scusi, con questo posso viaggiare tutto il giorno?'.
Controllore: 'Si nun c'hai 'n cazzo da fa'... Sì'.
Al semaforo di via Portuense:
In mezzo ar traffico c'è 'r tipico romano 'ncazzato che dà una serie de clacsonate inutili perché nun c'è pòpo spazio pe' fermasse. Dopo la quarta equinta clacsonata, quello co' 'r motorino davanti a lui (che ormai erarincojonito dal frastuono) je dice: 'A capo, er clacson funziona, mo' prova'mpò li fari!?'.
Mercato del pesce di Testaccio:
Il pescivendolo urla a squarciagola: 'Ahò! 'Sti pesci nun so' morti, stanno
a dormì!'.
Sentita al parcheggio di taxi di Via Flaminia:
Cliente: 'Scusi, la via più breve pe' annà ar verano?'. (n.d.r. per i non romani: Verano è il nome un cimitero importante)
Taxista: ''Na revorverata 'n bocca!'.
Scena vista in pizzeria:
Commesso (dopo aver tagliato la pizza): 'La magni?'.
Cliente: 'No, mo esco fòri e 'a butto!'.
Feltrinelli a Piazza della Repubblica:
'Na vòrta me stavo a fa' 'n giro pe' strada e su 'na vetrina ce stava 'nlibro 'n cui ce stava scritto: 'come vincere la droga'.
Allora me so' 'mbucato dentro alla libreria e j'ho chiesto:
'Quanta se ne pò vince?'.
Semaforo di Ponte Lanciani:
Un trentenne ben vestito in giacca e cravatta su un motorino fermo al semaforo vede un vecchietto su una macchina che si sta esplorando il naso con le dita.
Bussa al finestrino e grida: 'A signò, abbada che più su ce sta er cervello!'.
Al semaforo di Viale Aventino:
il primo della fila non si decide a partire e quello dietro gli urla:
'ahò, quann'esci dar coma facce 'na telefonata!'.
Incrocio di Via Appia (San Giovanni):
Fermo ad un semaforo c'è un vecchio con una macchina tutta scassata. Allo scattare del verde non parte e un ragazzo di dietro, con una macchina sportiva, gli dice: 'A nonné, c'avemo solo tre colori... È uscito er verde... Che volemo fa'?'.
Incrocio della Balduina:
Una Fiat Tipo è ferma al semaforo, dietro c'è una Fiat Uno Fire con la musica a palla. Scatta il verde e la Tipo non parte...
Il semaforo ritorna rosso. Riscatta il verde e la Tipo non parte. Allora il conducente della Uno abbassa la musica, scende e dice al conducente della Tipo: 'Ahò, quanno esce er colore che te piace se n'annamo!?'.
Sull'autobus della linea 44:
(alcuni anni fa), scendendo lungo via di Valtellina il traffico era bloccato da un Mercedes in doppia fila con un impassibile guidatore a bordo.
Dopo aver suonato a lungo (e inutilmente) per far muovere la macchina, l'autista inizia una lunga, complessa e faticosa manovra di aggiramento dell'ostacolo.
Una volta affiancato il veicolo, apre (col vecchio pomello) la porta anteriore dell'autobus e con tono neutro fa: 'aho, dì a tu' moje che stasera'n vengo'.
Due amici al mare:
uno di Ostia e l'altro di Fiumicino, muoiono di caldo e decidono assieme di andare a fare il bagno. Al momento di entrare in acqua il ragazzo di Fiumicino nota che quello di Ostia non sa nuotare e gli urla sbeffeggiante:
'Ahooò, sei pòpo 'n'idiota. Sei de Ostia e nun sai nòtà?'.
E il ragazzo di Ostia prontamente gli risponde: 'Perché, te che sei de Fiumicino sai volà!?'.
Scena realmente accaduta in un bar a piazza Bologna:
Entra una ragazza che chiede al cassiere, indicando una porta:
- 'Scusi, il bagno è lì?'.
E lui risponde: - 'Fino a poco fa ce stava!'.
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Ma il Gladiatore n. 1 rimane lui!!!------> Er mejo!!
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Mi sono sempre chiesta come fosse possibile che la mia vita rasentasse la perfezione. Bhè...perfezione, dipende un pò da quali standard si prendono in considerazione certo. Sono la ragazza della porta accanto, non una Beyoncé Knowles o una Gwen Stefani. Ma ciò che appartiene alla mia umile vita da anticonformista convinta è tutto ciò per cui respiro aria a pieni polmoni. Un bel lavoro grazie al quale ho passeggiato per le vie di diverse città tra le più modaiole e mondane quali NY e Hong Kong (ma poi già il fatto d’avere un lavoro fisso con i tempi che corrono mi fa entrare nel gruppo delle - come si dice qui a Bologna- BUSONE); un compagno di vita che amo da impazzire, un hobby che mi porta in giro per l’Italia e con il quale godo di una fettina di notorietà e stima (considerando poi che condivido questa passione con mio marito...); un fratello che amo e che abita a 3 chilometri da me con la sua mogliettina (che si dia il caso è anche la mia migliore amica) e con la mia adorata nipotona di due anni; due genitori che, anche se vaganti per il mondo da single affermati e goderecci della vida loca, sono sani e (a detta loro) vicini con il cuore e con la mente. I miei due nonni materni che mi hanno cresciuta e che reputo importanti quanto i miei genitori, ancora in vita, sani e più dolci che mai. Una bella casa, una bella macchina (a metano, perché siamo due ambientalisti convinti!)…..si ecco, c’era qualcosa che puzzava in tutta questa perfezione. Io non ci credo alle favole, non credo alla vita come nei film, anche perché sennò che noia... giusto??
Così, in questo quadretto semi-perfetto, dicevo, ci viene la fantastica idea di provare ad avere un figlio. Siamo dell’idea che i figli vadano messi al mondo e cresciuti da giovani, soprattutto se come nel nostro caso, ci siamo sposati giovani. Soprattutto se, come nel nostro caso, abbiamo una stabilità economica, abbiamo tanta voglia di sentir urlare e piangere e ridere e litigare e cambiare i pannolini perché hanno fatto la cacca (ecco qui scatterebbe il "tesooooro, aiuto!!), ridere delle loro cadute, dei loro primi versi che vogliono essere parole, quando c'è la voglia di stringere tra le braccia dei piccoli mini-ME e mini-LUI e di subire quel disordine da parco giochi in casa, abbiamo anche comprato una monovolume pronta ad accoglierne 7 di figli!!
Ma, come diceva il buon Alessandro Aleotti alias J-Ax “la vita non è un film”. No. Non lo è...
...e dopo vari accertamenti di routine ed esami pre-concezionali, scopriamo che la nostra coppia ha qualche piccolo problema a concepire, diciamo che abbiamo 50 possibilità su 100, sì, una cosa del genere....senza entrare nello specifico posso garantire che entrambi abbiamo la stessa percentuale di incidenza su questo dato. Questo vuol dire che se una coppia normale riesce a concepire nell’arco di un anno massimo, noi potremmo mettercene anche 2, 3, 4, 5….........
I pareri dei vari professori (e ce ne sarebbero da raccontare di aneddoti a questo proposito!) sono discordanti: c’è chi dice che basta aver pazienza, c’è chi dice che con degli esami come i nostri (ho detto NOSTRI, non miei, né SUOI, in poche parole ci siamo trovati!!) è meglio ricorrere all’inseminazione assistita, c’è che dice che dipende da quanto siamo pronti ad aspettare.
Bhè, non è un segreto che la pazienza non è la nostra più grande virtù. Infatti, in un primo momento abbiamo deciso di aspettare ma ci siamo visti travolti da un vortice di ansie, di rapporti mirati (che tristezza), di gambe all’aria e cuscini sotto le chiappe, di computerini, stick e conteggi stressanti. Fino a quando un giorno, di comune accordo, abbiamo deciso che “meglio ricevere un aiutino dalla medicina piuttosto che essere vittime della triste realtà di chi non può più fare sesso come, quando, e dove gli pare!”
E quindi eccoci instradati verso questo lungo e tortuoso cammino. Ad oggi abbiamo avuto un solo colloquio all’ospedale Malpighi di Bologna dove ci sono stati prescritti esami quali mappa genetica, ripetizione di esami ormonali, pap-test, SPG, SPC, SMHGFT, GTDTSDFUDDSTUS e chi più ne ha più ne metta. Abbiamo deciso che ci affideremo al pubblico perché di spendere 3.000 euro in un centro privato senza avere una garanzia di successo, proprio non ci va giù.
Va bene volere un figlio, va bene approfittare della scienza e della possibilità di procreare anche per chi come noi potrebbe metterci più tempo o addirittura non riuscirci proprio, ma piuttosto che buttare via tutti quei soldi, aspettiamo e ci affidiamo ai tempi e alle trafile della sanità pubblica senza dimenticare che una mano può sempre darcela madre natura! E poi insomma, i soldi al momento non mancano, sopravviviamo (mio marito è tirchio) ma non ci chiamiamo mica Brad Pitt e Angelina Jolie!!
Prossimo colloquio fissato per Marzo. In quella sede, sapremo cosa ci aspetterà. Ho, aimé, già letto tanto, troppo a riguardo della PMA (procreazione medicalmente assistita), tanto che la dottoressa al primo colloquio era letteralmente allibita per il mio linguaggio medico usato: ISCI, IUI, Fivet, stimolazione eccettera eccetera. Per cui, sono già preparata ad imbottirmi di ormoni, a farmi bucare ovunque e a fare avanti-indietro da casa all’ospedale (distanza da percorrere: 20 km andata e ritorno) e dover cercare scuse per giustificare le mie assenze e certificati medici al lavoro. Ma che volete che sia? Un piccolo sacrificio per un grande dono! Nel frattempo almeno…..si tromba per bene!!!!!
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L'immagine rappresenta un dipinto di Salvador Dalì: "SOGNO CAUSATO DAL VOLO DI UN'APE ATTORNO AD UNA MELAGRANA UN ATTIMO PRIMA DEL RISVEGLIO"
Perché un matrimonio (e intendo la cerimonia e quel che ne segue) sia un matrimonio ben riuscito (e intendo di quei matrimoni che rimangono piacevolmente nella memoria della gente e soprattutto nella tua) ci vogliono pochi elementi: una chiesetta (meglio se non troppo gotica, a meno che tu non voglia avere la sensazione che da un momento all'altro sbuchi fuori un Vescovo con tutta la sua cricca dai cappelli a punta e ti chieda di recitare il pater nostrum in latino inginocchiata sui ceci), un bel locale per il ricevimento (meglio assicurarsi che gli ospiti abbiano abbastanza spazio all'esterno per poter nascondersi da un momento all'altro ed elegantemente vomitare i litri di alcol deglutiti gratuitamente), una bella giornata, vedi temperatura ideale che non scenda al di sotto dei 25 gradi e non salga al di sopra dei 27, e soprattutto, qualsiasi cosa sia in grado di non annioare gli ospiti. Noi abbiamo pensato a tutto ed è per questo che al nostro matrimonio, celebrato in una piccola chiesa di Maruggio in provincia di Taranto (uno dei tanti vantaggi nell'aver un padre Pugliese) abbiamo chiamato a cantare un
CORO GOSPEL.Voi settentrionali vi direte, bhè? che c'è di tanto strano? ormai lo fanno in tanti! Certo! Anche a Bruxelles lo fanno in tanti, anzi va per la maggiore!! Ma non a Maruggio, un paesino di 5.836 abitanti, e non se il parroco della chiesetta al vostro primo incontro vi fa capire senza mezzi termini che "sarebbe cosa buona e giusta" far suonare il coro della parrocchia. Chè è molto bravo, assicura lui. Ma non c'è dubbio carissimo parroco che il VOSTRO coro sia formato da usignoli pronti ad accompagnare con i VOSTRI canti tristi e pallosi il nostro matrimonio. Ma noi vogliamo il gospel. Le assicuriamo, caro parroco, che i brani sono liturgici e rispettosi nei confronti della chiesa, non parleranno di campi di cotone e di schiavitù, né parleranno di prostitute come la tanto odiata da voi nobili ecclesiastici Ave Maria di Schubert. Parleranno d'amore, e lo faranno con gioia. Ma le canzoni saranno in inglese? chiede lui. Bhè, certo Don Signor Parrocco (amore, con quale titolo ci si rivolge ad un parroco?), magari potrei farne inserire una in italiano, magari nel momento dell'offertorio...non saprei signor parroco, ma ad ogni modo abbiamo già pensato di tradurre i brani ed allegare le traduzioni al libricino dei testi. La prego, la prego, la pregoooooo!!
Ebbene, chi la dura la vince. Pare che dal nostro matrimonio in poi, vi sia una grandissima richiesta di cori alternativi a quello parrocchiale. Forse nel paese si è venuto a sapere che dopo il "andate in pace" finale, la gente si è alzata e ha ballato battendo le mani su un'incredibile Happy Day! Forse qualcuno dei presenti, uno di quelli che piangeva ad ogni acuto della grande Tyna, non si è ancora dimenticato del giorno del nostro matrimonio e passa le sue giornate a descriverne ogni piccolo particolare.
Devo ammettere che il nostro "wedding" (tanto per non ripetere troppe volte la stessa parola) è stato il più bello a cui io abbia mai partecipato..., no, no! non sono di parte, dico davvero! Il dopo-cerimonia è stato svolto
qui. Buffet iniziale, primi, secondi, buffet di frutta e di torte....una cosa esagggerata! E soprattutto veloce, rapida, tutto concentrato, senza troppi convenevoli. Alle tre di notte tutti a casa (oh noi alle sette domani mattina ci dobbiamo alzare per tornare a Bologna che la sera c'abbiamo l'aereo!), dopo aver bevuto, strafocato, riso, ballato, cantato..... voi vi direte "avrete speso una cifra esagerata"! ebbene no! Perché al Sud i prezzi sono molto più bassi rispetto al Nord e questo è valso per le bomboniere, per i fiori, per le fedi, per il fotografo, per tutto. E poi, senza nulla togliere al Nord Italia (poiché diciamocela tutta, l'Italia è bella tutta dal Nord al Sud, è il paese più bello, e ve lo dice una "forestiera") la magia degli ulivi pugliesi è insuperabile......
Bello mio marito vero?? ma non preoccupatevi, una volta tolto il vestito di Giorgio Armani è tornato ad essere il solito......
Oddio cos'è che ho giurato?? finche morte non ci separi? aiuto.
L'inverno è duro da attraversare senza guardarsi indietro o senza fermarsi ad imprecare perché dall'alto ti arrivi un aiuto. Qualsiasi aiuto è il benvenuto in quei momenti, come durante la "traversata" del deserto. Vai avanti per inerzia, per sopravvivenza, ma poco a poco ti mancano le forze. Io e mio marito attraversiamo l'inverno tenendoci per mano, cercando di darci forza a vicenda. Il guaio è quando entrambi veniamo a mancarne allo stesso momento. Ma lo spirito di sopravvivenza, quel filo che dalla mente attraversa il cuore e si attacca a qualsiasi ragione pur di estrarne una qualche energia, fa sì che continuiamo la nostra rotta, superando un ostacolo dopo l'altro. E quando arriviamo al culmine della stanchezza ci sediamo, ci guardiamo negli occhi e sognamo. I sogni raccontati a poco a poco offuscano l'amara realtà e ci ricaricano di quella speranza di cui abbiamo bisogno per andare avanti. L'inverno è troppo buio per un Leone come lui: LUI ha uno spiccato senso dell'umorismo, una grandissima capacità di capire una persona e di farla aprire fino ad estrapolarne il più profondo dei suoi mali. LUI è amato da tutti, è una persona giusta, buona ma non troppo, fedele agli amici, fedele alla famiglia, fedele a se stesso. la sua positività aimé non gli è però fedele e con tanta facilità cade e soccombe alla tristezza. Si dice che i clown siano persone tristi, ancor più tristi se si pensa che nessuno riesce a farli ridere. Uno psicologo cura i mali degli altri, ma raramente riesce a curare i suoi. Lui è così.
L'inverno è troppo buio per un Acquario come me. IO sono lunatica, meteropatica, schizzofrenica, sono il tutto e il contrario di tutto. Estremamente felice quanto infelice, solare quanto solitaria, coerente quanto incoerente, consapevole quanto inconsapevole. MI piaccio da morire e allo stesso tempo mi odio. Sono una di quelle donne che pensano di conoscersi ma che si scoprono piano piano, a volte con piacere, a volte con delusione. Un IO-non-IO. Ho trovato il mio equilibrio, la mia stabilità vicino a LUI. Solo quando la mia mano viene protetta dalla sua, mi arriva quella carica positiva che annienta il NON-IO. Durante la nostra traversata desertica in pieno periodo invernale, è lui il mio sole, io la sua luce. Arriveremo a superare anche questo, e manca poco alla nostra meta.....lo sento.
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